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Museo Archeologico e d’Arte della Maremma
Museo d’Arte Sacra della Diocesi di Grosseto
Palazzo del Vecchio Tribunale - Piazza Baccarini 3
58100 GROSSETO
telefono 0564/488750, 751, 752
fax 0564/488753
e-mail: 

ORARI
Dal 1 novembre al 30 aprile 10,00-13,00; 16,00-19,00; dal 2 maggio al 30 ottobre 10.00-13.00, 17.00-20.00
chiuso il lunedi, il 25 dicembre, il 1° gennaio, il 1° maggio.

BIGLIETTI
Biglietto intero  € 5
Biglietto ridotto         € 2,5 (gruppi di 20 o più persone e varie altre categorie)
Ingresso gratuito per i minori di 6 anni

Da Vulci a Roselle, da Vetulonia a Saturnia, da Marsiliana a Poggio Buco, da Pitigliano a Sovana, tutti i maggiori centri archeologici della Maremma sono presenti all'interno del Museo di Grosseto con gli irripetibili reperti di necropoli, città, relitti sottomarini, ville e castelli. Il percorso museale ricostruisce la storia e l'archeologia maremmane dalla preistoria ai tempi moderni e si conclude con  le preziose opere d'arte del Museo Diocesano, vero 'museo nel museo'.


Il Museo Archeologico e d’Arte della Maremma


1. La storia del Museo.
La fondazione e la donazione del museo alla comunità di Grosseto sono legate alla figura del Canonico Giovanni Chelli (Siena 1809 - Grosseto 1869), un intellettuale senese, apertamente schierato nel 1848 su posizione repubblicane e, in seguito, vicino ai liberal-moderati filopiemontesi. Il primissimo nucleo del museo nacque in modo casuale dagli oggetti antichi che il Canonico iniziò a disporre nella Biblioteca da lui aperta al pubblico nel marzo del 1860; ma già nel corso dello stesso anno cominciò a raccogliere reperti archeologici per l’esplicito progetto di creare un museo che andasse ad affiancare la biblioteca.

Le lettere conservate documentano i contatti che Chelli ebbe con l’ambiente antiquario toscano, vivacissimo e del tutto incontrollato in virtù alla legislazione estremamente permissiva del tempo. Gran parte degli acquisti di quegli anni furono fatti a Volterra, a Chiusi, a Chianciano, ma anche a Roma e nel Senese. Molto meno documentato è l’afflusso verso il nuovo museo del capoluogo di reperti dalle aree archeologiche maremmane: a differenza degli acquisti, le donazioni spontanee venivano appuntate solo sommariamente.

Nel 1865 diventò effettiva la donazione della biblioteca-museo al Comune di Grosseto; Chelli ne conservò però la direzione fino al 1869, anno della sua morte. Nel 1875 il Comune di Grosseto si rivolse ad uno dei maggiori archeologi del tempo, Gian Francesco Gamurrini, perché esaminasse lo stato del Museo e ne suggerisse un ordinamento. Il responso fu impietoso: la raccolta chelliana, puramente antiquaria, era molto più vicina alle raccolte di naturalia e mirabilia di matrice rinascimentale che non a un museo scientificamente ordinato. Fu Gamurrini a rifondare il Museo di Grosseto come museo locale, introducendo il criterio, ignoto al Chelli, di privilegiare la provenienza dai centri archeologici del territorio contro la raccolta indifferenziata di qualsiasi anticaglia.
Nel 1875 o nel 1876 il Museo di Grosseto fu visitato dal viaggiatore antiquario inglese George Dennis che poi inserì nella seconda edizione (1878) del suo Cities and Cemeteries of Etruria una breve descrizione dell’esposizione quale doveva apparire dopo l’intervento riordinatore del Gamurrini: gli oggetti erano divisi in base alla tipologia e alla provenienza e anche i falsi (bronzetti e monete) avevano un piccolo settore ad essi esplicitamente dedicato che Dennis non manca di apprezzare.

La storia del Museo di Grosseto nel periodo successivo è segnata dallo scontro fra le istanze della comunità locale e il centralismo dei nuovi organi di tutela post-unitari. Se infatti Gamurrini aveva auspicato che il Museo di Grosseto diventasse la destinazione privilegiata dei ritrovamenti dal territorio circostante, la storia immediatamente successiva lo ha in pieno contraddetto. E se il Museo di Grosseto riuscì in un primo tempo a assicurarsi alcuni importanti depositi, in particolare i reperti da Castiglione della Pescaia-Serrata Martini (1880) e quelli dal Talamonaccio (1888) compreso il notissimo frontone, il 10 giugno 1891 l’Ispettore Sordini, per ordine del Ministero, provvedeva a ritirare quasi tutto.

Seguirono anni segnati dal disinteresse locale: in pochi decenni la Biblioteca e il Museo dovettero subire innumerevoli traslochi, almeno cinque, e non fu sufficiente l’impegno profuso dai direttori e dai conservatori a evitare che ciascun trasloco non si trasformasse in una fonte di perdite e di danni alle collezioni.

Nel 1923, assunse la carica di direttore della Biblioteca Chelliana, del Museo Civico e della Pinacoteca un altro ecclesiastico, Antonio Cappelli (Grosseto 1868-1939). Il suo primo atto fu di traslocare in quella che è ancora oggi la sede ufficiale della Biblioteca e lo è stata fino al 1955 anche per il Museo: il palazzo dell’ex seminario in Via Mazzini.
Sotto la direzione Cappelli, Biblioteca e Museo continuarono a crescere, sia pure lentamente, attraverso acquisti e donazioni. I registri, in comune per i libri e gli oggetti archeologici, e le ricevute delle ricompense date a chi depositava reperti, mostrano come fosse uso comune acquisire gli oggetti antichi senza accertarne la provenienza, secondo una visione antiquaria e collezionistica del museo ancora molto radicata. Nel 1927 si registra un deposito di materiale archeologico statale al Museo di Grosseto: il Soprintendente Antonio Minto consegna a Mons. Cappelli una serie di corredi tombali di Vetulonia e uno di Saturnia.

Ma l’archeologia era solo uno dei molti interessi di Antonio Cappelli; la passione che segnò gli anni della sua gestione fu un nuovo museo: il Diocesano d’Arte Sacra. 
L’inaugurazione del Museo Diocesano avvenne il 9 agosto 1933.
Cappelli morì il 28 Luglio 1939, lasciando, accanto al nuovo Museo Diocesano, un Museo Civico e una Biblioteca in stato di abbandono: soprattutto negli ultimi anni aveva infatti trascurato molto le istituzioni civiche. Un riordino, pur progettato, non fu possibile: la guerra e le distruzioni fecero passare in secondo piano la questione. I Musei e la Biblioteca colpiti dalle bombe del 29 novembre 1943 e dall’alluvione del 1944, subirono danni e spoliazioni. Il museo Civico poté riaprire nel 1955; il Diocesano solo nel 1961.

Solo nel 1955 il Museo Civico ebbe una direzione scissa da quella della Biblioteca. Questa scelta preludeva alla necessaria separazione fisica fra Museo e Biblioteca, resa poi indifferibile dopo che nel novembre del 1966, un nuovo cataclisma distrusse quanto faticosamente era stato ricostruito dopo la guerra: si trattava di quella che tutti ricordiamo come ‘l’alluvione di Firenze’, che fu però gravissima anche per Grosseto.
La nuova sede fu individuata nel palazzo tardo-ottocentesco dell’ex Tribunale di Piazza Baccarini; l’inaugurazione si ebbe nel 1975 nel corso del Congresso Nazionale dell’Istituto di Studi Etrusco-Italici.
L’attuale allestimento risale al 1999.

Il nuovo allestimento.

Sezione 1: il primo Museo di Grosseto: la collezione del Canonico Givanni Chelli 1860-1869 (sala 1)
La prima sezione del Museo è dedicata ai reperti superstiti del primo Museo Civico Grosseto. Si tratta di un gruppo di oggetti estremamente etrogenei e per lo più del tutto estranei alla Maremma, acquistati da canonico Chelli in Toscana e a Roma.  Il nucleo più consistente è formato da urne cinerarie etrusche di età ellenistica provenienti da Volterra e da Chiusi; fra le chiusine è stato possibile riconoscere un gruppo di urne scavate certamente da Alessandro François nel 1856 nelle località Il Colle e La Pellegrina e giunte a Grosseto per tramite di uno dei maggiori antiquari chiusini del tempo, Federigo Sozzi. Sono conservate inoltre ceramiche volterrane, volsiniesi e molti buccheri chiusini, alcuni falsificati con aggiunte non pertinenti e vernici. Alcuni oggetti sono invece dei veri pastiches, composizioni di elementi antichi e moderni, sistemati in modo tale da apparire unitari e, soprattutto, autentici.  Il pezzo più rilevante della collezione è certamente la ciotola di bucchero con alfabeto del VI sec.a.C. segnalata nel Museo fino dal 1875, ma purtroppo di provenienza incerta (Roselle o Etruria meridionale).

Sezione 2: Roselle (sale 2-14)
L’esposizione dedicata a Roselle ha un ruolo centrale nel nuovo allestimento del Museo di Grosseto. Il racconto ordinato cronologicamente della storia della città fa emergere la fisionomia di Roselle attraverso la successione e la sovrapposizione nei vari periodi storici di città diverse per urbanistica economia, religione. Ad alcune fasi e monumenti è stato dato particolare rilievo ricorrendo a plastici ricostruttivi. All’inizio dell’esposizione è stato collocato un plastico territoriale che permette di comprendere l’inserimento della città etrusca nel paesaggio, con il grande lago oggi non più esistente e la rivale Vetulonia, posta specularmente di fronte a Roselle.
Le prime due sale (3-4) comprendono il periodo che va dalla fondazione della città a tutta l’età arcaica. I reperti provengono dall’edificio con recinto, dalle case arcaiche dalla casa dell’impluvio. Sono esposti anche depositi votivi, e le produzioni artigianali locali; la sala 5, dedicata alle necropoli più antiche, espone, oltre ad un ampia scelta di corredi, due grandi stele funerarie di guerrieri di età arcaica, una in originale e una in calco, insieme con alcuni piccoli segnacoli tombali; la sala 6 è uno spazio espositivo particolare dove sono stati sistemati i resti delle decorazioni di terracotta degli edifici arcaici, in un tentativo di ricostruzione. Segue la documentazione, piuttosto povera, della fase classica della vita della città (V inizi IV sec.a.C.) e di quella ellenistica, che coincide con la romanizzazione di Roselle (294 a.C.) (la casa ellenistica della collina nord, il primo piazzale del foro, le produzioni ceramiche). Le sale 9, 10, 11, 12 sono destinate alla fase imperiale di Roselle; si segnalano il lapidario con l’esposizione delle iscrizioni latine, una scelta dei reperti ceramici dell’area centrale, un campionario di anfore vinarie e olearie di età imperiale e il tubo di piombo (fistula) con il bollo che testimonia il conferimento a Roselle in età triunvirale o augustea del titolo onorifico di colonia. Una piccola sala è destinata alla ricostruzione delle terme di età adrianea e all’esposizione della decorazione architettonica marmorea originale. La grande sala 12 accoglie le statue romane restituite da Roselle: da una parte il grande complesso dell’Augusteo, e dall’altro quello di più recente scoperta della basilica privata dei Bassi; al centro sono esposti  ritratti, piccole sculture e frammenti che sono stati rinvenuti in varie occasioni nell’area centrale o che risultano genericamente provenienti da Roselle, secondo l’inventario del Museo, e infine il plastico della ricostruzione del foro.
La sala 13 è infine dedicata alle fasi tardo-antiche, alla cristianizzazione con i corredi tombali di VI e VII secolo, e all’abbandono medievale della città con il sorgere del nuovo castello sul Mosconcino e le ultime frequentazioni, fino all’età contemporanea. Sono qui esposte le decorazioni di età carolingia della chiesa di Roselle.

Sezione 3. Archeologia della Maremma. (sale 14-25)
    
Questa sezione, dedicata all’archeologia della provincia di Grosseto (con l’esclusione della città di Roselle) dalla preistoria alla tarda antichità. Si tratta in sostanza di una revisione della vecchia sezione topografica del museo, riproposta per quadri cronologici omogenei, e non più per siti, e arricchita dai nuovi depositi concessi dalla Soprintendenza Archeologica. A una prima grande sala che ospita la documentazione disponibile dal Paleolitico all’età del ferro, segue l’esposizione dell’orientalizzante, naturalmente incentrata sui centri di Vetulonia e Marsiliana. Abbondantissima è la documentazione di età arcaica che comprende anche una piccola sezione sui commerci, con anfore etrusche, puniche, greche e ceppi d’ancora in pietra. Per l’età classica si segnala il corredo di Pari-Casenovole, con il grande cratere a figure rosse, il cippo a clava e i bronzi di corredo. La fase della romanizzazione, che coincide in queste zone in buona misura con l’ellenismo, distingue quelle che sono le manifestazioni di persistenze culturali etrusche (lingua, scrittura, usi funerari) dalle innovazioni introdotte dai conquistatori (depositi votivi, insediamenti rustici).
Il periodo romano dà comunque la possibilità di riprendere il discorso dei traffici, sia terrestri, sia marittimi.
Alla collezione di anfore e ancore fa quindi da sfondo la ricostruzione della viabilità e della rete di porti e degli approdi. In questo discorso si inseriscono bene anche il relitto africano di Giglio Porto al quale è dedicato uno spazio espositivo particolare, infine i ritrovamenti da Castiglione della Pescaia, se, come sembra, il sito delle Paduline vada interpretato come stazione marittima. La documentazione della tarda antichità chiude questa sezione.
L’ultima sala della sezione 3 è dedicata alle “collezioni”: sotto questo nome si è voluto raccogliere ed esporre tutti quei reperti, soprattutto di ceramica, accumulatasi negli anni nel museo senza sufficienti dati di provenienza né contesti di ritrovamento e che quindi andavano esclusi da un’esposizione basata su criteri strettamente cronologici e topogarfici.
L’interesse sia pure solo antiquario di questi oggetti, che sono spesso anche molto belli, ha condotto quindi alla progettazione di uno spazio separato e diverso, un antiquarium rivisto criticamente, per proporli al visitatore senza indurre in equivoci e confusioni.


Sezione 4. Il Museo d’Arte Sacra della Diocesi di Grosseto (sale 27-34)

Il Museo Diocesano è a tutti gli effetti un museo nel museo. Lasciata l’archeologia che occupa integralmente i primi due piani del Palazzo, all’ultimo piano ci si ritrova improvvisamente immersi in una atmosfera del tutto diversa fra le opere d’arte della collezione diocesana. Il Museo Diocesano è infatti unito al Museo Archeologico dal 1975 quando con notevole lungimiranza il vescovo con il Capitolo della Cattedrale, la Soprintendenza ai Beni Artistici e il Comune trovarono un accordo, ancora in vigore, per il deposito delle opere di arte sacra della Diocesi nel Museo Civico.
L’esposizione è ordinata cronologicamente ed è introdotta dalla collezione del fondatore del museo, monsignor A. Cappelli, formata da opere che vennero acquistate per lo più a Siena e nel Senese.
Oltre alle opere d’arte maggiori il museo accoglie oggetti liturgici, parati, codici miniati, testimonianze del culto popolare.

Sezione 5. Archeologia medievale in Maremma e storia di Grosseto

Le  ultime sale del museo introducono alla storia della città di Grosseto. Le preesistenze classiche nell’area della città sono illustrate dai ritrovamenti di via Adige, Sterpeto e Rugginosa. Segue un collegamento con la fase altomedievale di Roselle e del suo territorio (con i cimiteri di Grancia e di Casette di Mota ed i ritrovamenti provenienti da Grosseto). La documentazione più ricca è però quella bassomedievale e moderna proveniente in massima parte dagli scavi della Fortezza , mentre è presente anche un piccolo lapidario con stemmi e iscrizioni. L’esposizione si chiude con reperti di età medievale e moderna da vari centri della Maremma e con un sala di ceramiche di collezione.


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